Per gli ebrei, l'abbigliamento assume il ruolo di memoriale delle tappe storiche più significative che ha attraversato il popolo d'Israele, delle condizioni di vita e dello stato d'animo che ne sono conseguiti.
L'abbigliamento, per gli ebrei, è stato anzitutto uno strumento di affermazione della propria identità. Durante la schiavitù sotto il popolo d'Egitto, gli ebrei si rifiutarono di assumere i costumi egiziani proprio per mantenere viva la loro identità. Non a caso, la figlia del Faraone, trovando il piccolo Mosè nelle acque del Nilo, riconobbe era ebreo proprio dai suoi vestiti.
Il tallit è uno scialle per la preghiera. Affonda le sue radici nel periodo della schiavitù in Egitto, quando Dio si rivolse a Mosè prescrivendo di farsi dei fiocchi agli angoli delle loro vesti per ricordarsi dei suoi comandamenti. Questi fiocchi sono ancora oggi visibili alle estremità del tallit.
Alcuni ebrei, solitamente i più ortodossi, indossano una versione ridotta del tallit sotto gli abiti del giorno. Altri, solitamente i più tradizionalisti, lo indossano sopra la testa come segno di timore al cospetto di Dio.
Mentre le donne sposate, a volte, usano lo sheitel, una parrucca di capelli sintetici per evitare di mostrare i propri capelli, gli uomini spesso usano la kipah, un piccolo copricapo che serve a ricordare a chi lo indossa che si trova al cospetto di Dio.
Oggi, la kipah è indossata dagli ebrei anche come segno di appartenenza, in base al tipo, e come segno che li distingue sia dai gentili che dai cristiani. Se infatti i cristiani si scoprono il capo in segno di rispetto, gli ebrei, all'opposto, se lo coprono.