Il quesito riguardo la verità è tra i più antichi; esso è sotteso alla stessa esistenza umana.
Dalla filosofia antica ci perviene il tentativo, da parte dei cosiddetti scettici, di negare l'esistenza della verità. Costoro sostenevano che la verità non esistesse, e che nulla può essere conosciuto dagli esseri umani.
A confutarli fu uno tra i più intelligenti e famosi filosofi della Grecia antica: Socrate. Egli gli ritorse contro la loro stessa argomentazione, evidenziando che se l'uomo non può affermare nulla con la certezza che sia vero, allora neanche loro possono affermare con certezza che la verità non esiste.
Possiamo fare anche noi un piccolo esempio, fornendoci di un paradosso logico: leggiamo questa frase, e cerchiamo di risolvere l'enigma.
Leggendo quest'asserzione, possiamo fare due ipotesi:
Se fosse vera → Sarebbe falsa
Se fosse falsa → Sarebbe vera
La domanda circa la verità è uno dei punti salienti della Passione di Gesù. Egli, condotto al cospetto di Ponzio Pilato, con lui intrattiene un profondo dialogo.
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa».
La domanda di Pilato, tuttavia, rimane irrisolta. Forse perché subito dopo averla posta, il Governatore romano «uscì di nuovo verso i giudei», senza lasciare a Gesù il tempo di rispondere; o forse fu proprio Gesù a non voler dare risposta. Forse, dietro il suo silenzio, ha voluto mostrare nient'altro che sé stesso, così com'era. Nel Vangelo secondo Giovanni infatti Gesù si propone lui stesso come «verità», quando afferma: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).
La questione della verità viene molto spesso frettolosamente liquidata affermando che «non esiste una verità assoluta e oggettiva», ma che «ogni valutazione è personale e soggettiva».
Questa tesi contiene certamente una verità, ossia che l'uomo difficilmente raggiunge la piena conoscenza della realtà. Perciò la sua percezione sarà quasi sempre parziale. È importante, però, per non liquidare la questione con superficialità, distinguere attentamente tra realtà e percezione.
La realtà è una, data e oggettiva. Essa non cambia in base al punto di vista, bensì rimane la stessa indifferentemente da chi la osserva.
La percezione, invece, è l'"immagine" che la realtà crea in noi. Essa, contrariamente alla realtà oggettiva, muta in base al soggetto.
Un esempio di questa distinzione è la proiezione ortogonale del cubo. Come si può vedere nell'immagine, infatti, le due proiezioni sulle pareti blu e gialla appaiono totalmente diverse: in una il cilindro appare come un quadrato, nell'altra come un cerchio. La proiezione, infatti, dipende dal punto di vista.
Tuttavia le varie proiezioni dipendono sempre (oltre che dal punto di vista dell'osservatore) dalla realtà, che invece è una, data e oggettiva. Essa è rappresentata dal cilindro.
Essendo in qualche modo "intrappolati" nelle proiezioni della realtà, che sono il nostro punto di vista, possiamo avvicinarci alla conoscenza della realtà oggettiva muovendoci nello spazio, ovvero cambiando il nostro punto di vista, mettendolo in discussione, e osservando la realtà da diverse angolazioni.