Tutti la desiderano, ma in pochi sanno indentificarla con certezza. Si tratta della felicità, uno stato d'animo, un sentimento, o il senso della vita? E da cosa dipende? Dalle ricchezze? Dal piacere? O da una relazione?
Già nell'antica Grecia, i filosofi si interrogavano molto su cosa fosse la «felicità».
In particolare, Aristotele riflette sulla felicità parlando di «eudaimonìa», che è ben più di quella che intendiamo noi oggi con «felicità»; essa era infatti intesa come il bene supremo per l'uomo, lo scopo della vita.
L'eudaimonia, per Aristotele:
✘ Non consiste nel piacere, poiché questo è comune anche agli animali;
✘ Non consiste nel possesso di grandi ricchezze, poiché si tratta piuttosto di uno strumento, e non di un fine;
✘ Non consiste negli onori, che non dipendono da noi, ma dagli altri.
Nei vangeli, la felicità viene descritta in modo un po' atipico. Di essa si parla nel cosiddetto Discorso della Montagna, dove però la parola «felicità» non appare mai; si parla, invece, di «beatitudine».
Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi
La «felicità» è uno stato d'animo temporaneo, provvisorio. Essa dipende dalle circostanze e dalla soddisfazione dei propri desideri, e perciò è soggetta ad "alti e bassi".
La «beatitudine», a differenza della felicità, è uno stato permanente. Si tratta di una «felicità piena e tranquilla», ovvero che non subisce "alti e bassi", come spesso accade, ma che è costante e prescinde dalle circostanze.
Per i cristiani, la beatitudine è eminentemente espressa dalle parole del Salmo 23, dove il cristiano sperimenta la beatitudine della relazione con Dio paragonandola al riposo in un pascolo erboso:
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Quando ci troviamo ad affrontare le difficoltà con un amico che ci vuole bene, infatti, queste sembrano alleggerirsi, la paura scompare e lascia il posto alla speranza e le difficoltà diventano sormontabili senza privarci della nostra beatitudine.
Essere destinatari di un amore vero e sincero non significa solo avere un amico al proprio fianco pronto a sostenerci ed aiutarci; significa anche amare ed essere in pace con sé stessi!
Stella Vizzino, una tiktoker italiana, in un suo video parla della correlazione tra felicità e ricchezze.
«Sapete io non ho mai capito quel detto «i soldi non fanno la felicità». Dalli a me! Poi ho capito una cosa: che coi soldi ti ci puoi comprare una casa, ma non una famiglia; coi soldi ti ci puoi comprare un orologio, ma non il tempo; coi soldi ti ci puoi comprare il cibo, ma non una buona salute; coi soldi ti ci puoi comprare un letto, ma non il sonno, ed è per questo che sono arrivata alla conclusione che coi soldi ti ci puoi comprare veramente tantissime cose, ma non la vita, e soprattutto non ti ci puoi comprare i motivi che ti fanno andare avanti a vivere, come la felicità»
Nella sua riflessione, in questo video, Stella riporta come i soldi e le ricchezze materiali siano uno strumento, ma che non possono essere il fine della vita.
Individuare il contenuto centrale di alcuni testi biblici, utilizzando tutte le informazioni necessarie ed avvalendosi correttamente di adeguati metodi interpretativi.
L’alunno individua, a partire dalla Bibbia, le tappe essenziali e i dati oggettivi dell’insegnamento di Gesù e del cristianesimo delle origini.
Fonte: Indicazioni Nazionali