«Un tempo l’individuo vedeva nella ragione solo uno strumento dell’io; ora si trova davanti al rovesciamento di questa deificazione dell’io. La macchina ha gettato a terra il conducente, e corre cieca nello spazio»
Queste parole, scritte dal filosofo tedesco Max Horkheimer nel libro Eclisse della ragione, sembrano profetiche. Horkheimer, uno dei pensatori più importanti della Scuola di Francoforte, aveva già intuito che la ragione, quando smette di interrogarsi sul senso delle cose e diventa solo tecnica e calcolo, può trasformarsi in un “idolo terrestre”, capace di schiacciare l’uomo invece che servirlo.
Oggi, dopo decenni, viviamo in un mondo dove contano soprattutto la finanza, la tecnologia, i media e l’innovazione a tutti i costi. Tutto questo, oltre agli innumerevoli risvolti positivi, ha anche dato vita a poteri invisibili, difficili da controllare, nati anche dalla debolezza della politica (si pensi al potere di colossi come Google, Meta, ecc., che detengono miliardi di informazioni sensibili riguardo ai cittadini di centinaia di paesi del mondo). Certo, questi cambiamenti hanno anche un lato attraente: possiamo muoverci ovunque, avere informazioni in un attimo, collegarci con chi vogliamo in tempo reale. È la “Grande Promessa” della modernità: vivere senza limiti di spazio e di tempo, avere tutto e subito.
Ma insieme a questa promessa si nasconde una “Grande Illusione”: l’idea che possiamo godere di tutti i vantaggi della complessità del mondo senza pagarne i costi. Un esempio è la crescita del mito dell'"uomo forte" in politica. Leader come Trump o Putin sembrano proporre soluzioni semplici a problemi enormi: confini sicuri, economia che cresce senza regole, società unite e compatte. Il messaggio passato da questi "forti" è che la complessità è solo una truffa della "vecchia politica", e che basterebbe tornare a decisioni rapide e drastiche per rimettere tutto in ordine.
In realtà, questa è una vera fuga dalla complessità. Ma fuggiamo da un mondo che abbiamo costruito noi stessi. Abbiamo creato un sistema in cui la libertà sembra infinita, ma spesso diventa una gabbia. Pensiamo al tempo libero: lo viviamo come una corsa a esperienze sempre più forti ed emozionanti, ma senza rischi reali. Anche nelle relazioni vogliamo tutto subito e senza dolore: ci buttiamo in storie che consumiamo in fretta, e poi pretendiamo che la rottura non ci faccia male. Online cerchiamo solo persone simili a noi, con cui sentirci sempre in compagnia, ma senza mai affrontare la fatica del dialogo con chi è diverso. E nella società ci affidiamo a chi promette di fare il “lavoro sporco” al posto nostro, rinunciando alla responsabilità e alla partecipazione.
Così accade che vogliamo i frutti più belli della complessità, ma senza le spine. Vogliamo un mondo ricco e veloce, ma senza fatica e senza rischi. Vogliamo e allo stesso tempo non vogliamo la realtà che abbiamo costruito. Ed ecco che ci convinciamo che basti un capo forte, un sistema semplice, qualcuno che separi per noi i "buoni" dai "cattivi".
Ma il mondo non è bianco o nero. Lo abbiamo colorato noi stessi di mille sfumature, e oggi non è facile distinguere persino il bene dal male. La “macchina”, come diceva Horkheimer, ha buttato giù il conducente e continua a correre da sola nello spazio.
Forse il primo passo non è fingere di avere il controllo totale, ma riconoscere i nostri limiti. Forse abbiamo bisogno di essere liberati dalla nostra presunzione. Solo allora potremo trasformare la paura in coraggio.