Molti degli usi e dei costumi che oggi diamo per scontati e molte delle nostre abitudini più radicate derivano, in realtà, dal grande contributo apportato dal monachesimo in generale, ed in particolar modo dalla Regola di san Benedetto. Quest'opera valicò i confini del suo ordine monastico divenendo la base sulla quale, ancora oggi, si basano le nostre abitudini.
In epoca romana non esistevano ospedali: l'unica realtà simile ad essi erano i valetudinaria, delle "infermerie", riservate però ai militari.
«Dei malati bisogna avere cura prima di tutto e al di sopra di tutto per servirli come Cristo in persona»
(Cap 36)Da qui nascerà l'«hospitale pauperum et pelegrinorum», ovvero quello che noi oggi conosciamo con il nome di «ospedale».
Prima della Regola benedettina, durante la giornata si faceva generalmente un solo pasto durante il pomeriggio. La suddivisione nell'arco della giornata di tre pasti (colazione, pranzo e cena) vengono introdotti dalla Regola benedettina.
«I fratelli pranzino all'ora di Sesta, cioè a mezzogiorno, e cenino la sera»
(Cap. 41)La colazione, poi, prende il suo nome proprio dalle collationis dei monaci, ovvero le letture che prima di san Benedetto venivano fatte a tarda sera, ma che con la scansione oraria delle preghiere dettata dalla sua Regola furono spostate subito dopo le preghiere del mattino.
«Quando passa un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto, guardandosi bene dal rimettersi a sedere prima che l'anziano glielo permetta»
(Cap. 63)Anche i nomi delle note musicali, che fino ad oggi sono alla base di ogni composizione, traggono la loro origine dall'Inno di san Giovanni. Ad operare questa attribuzione fu un monaco dell'XI secolo, Guido d’Arezzo, che diede il nome alle sette note basandosi sulle lettere iniziali dei versi di questo inno:
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes
L'«Ut» venne poi chiamato «Do» a partire dal XVII secolo da Gian Battista Doni (dalle iniziali del suo cognome).
L'origine dei concetti di «maggioranza assoluta» e «maggioranza relativa» riferiti alle elezioni della propria "classe dirigente" sono da rintracciare nella Regola benedettina; e così anche per il valore delle «minoranze».
Per le elezioni del superiore, infatti, già dal IV secolo è adottato dai religiosi il principio della maggioranza assoluta, e a partire dal XIII secolo (1250) vengono proibite le elezioni a maggioranza relativa o per estrazione a sorte. Nella Regola benedettina, oltre alla precisazione che il monaco scelto dalla comunità come guida deve essere poi ordinato abate dal Vescovo alla cui diocesi il monastero appartiene, si trova anche il principio della maggior saggezza della minoranza, principio che è stato scarsamente adottato perché difficilmente interpretabile.
Quando i monaci copisti trovavano una domanda (lat. quaestio) nel testo che stavano copiando, scrivevano al margine della riga, in verticale, la sigla «qo», da cui deriva il nostro punto interrogativo. Di seguito trovi uno schema:
quaestio
↓q o
↓qo
↓q
o
?
14-15
343
312-313