Il caso Galilei è uno degli eventi più frequentemente citati per sostenere una presunta oppressione antiscientifica e oscurantista della Chiesa cattolica contro il progresso scientifico.
L'idiomatica espressione comunemente attribuita a Galileo Galilei, «eppur si muove», in realtà appartiene all'autore italiano Giuseppe Baretti, che ricostruì le vicende italiane per la stampa inglese nel 18° secolo, e attribuì questa frase a Galileo Galilei. Tuttavia, quest'attribuzione non è suffragata da altre fonti.
Già quattro secoli prima di Galilei, san Tommaso d'Aquino, nel suo commento al De coelo et mundo di Aristotele, affermò che la concezione tolemaica (teoria del 2° secolo d.C. che sosteneva la Terra al centro dell'universo) non era suffragata da evidenze, e perciò andava considerata provvisoria.
Anche Niccolò Copernico, sacerdote cattolico e astronomo polacco aveva affermato l'ipotesi eliocentrica già nel 1543 con il suo De revolutionibus orbium coelestium senza ricevere alcuna pressione da parte della Chiesa cattolica, come ci conferma lo stesso Galileo Galilei in una lettera del 1615 rivolta a Cristina di Lorena, granduchessa toscana, nella quale afferma che la Chiesa non aveva nulla da ridire sulla teoria copernicana, che veniva persino insegnata nella cattolicissima Spagna, nell'Università di Salamanca.
Nel 1582, su iniziativa di Papa Gregorio XIII, i matematici del Collegio Romano adoperarono proprio la teoria eliocentrica per migliorare i calcoli del Calendario gregoriano e correggere alcune discrepanze.
Nel '600, la visione dominante dell'universo era geocentrica: la Terra ferma e tutti gli altri pianeti e il sole che si muovevano attorno ad essa.
Quando Galilei affermò che era la Terra a girare attorno al Sole, questo venne percepito come un attacco a quelle che erano considerato in contraddizione con quello che sostenevano i filosofi naturali e gli scienziati del tempo, e contraddiceva l'interpretazione della Scrittura maggiormente in vigore all'epoca.
Nel 1616 il Sant'Uffizio gli impose un decreto ingiuntivo disciplinare (non dottrinale!) di rinunciare ad insegnare l'eliocentrismo come una verità. Contemporaneamente, essendo diventata una questione di dibattito di una certa rilevanza, la Congregazione dell'Indice mise al bando il De rivolutionibus di Copernico, giudicando l'eliocentrismo incompatibile con la filosofia e l'interpretazione delle scritture dell'epoca.
In questa vicenda, non si verificò nessun pronunciamento dottrinale da parte del Sant'Uffizio. Questo è fondamentale, perché significa che la Chiesa dell'epoca non chiuse le porte alle future scoperte.
Il teologo di riferimento del Sant'Uffizio, il cardinale Roberto Bellarmino, in una lettera al carmelitano Foscarini, amico e sostenitore di Galilei, scrisse invitandolo alla prudenza, proponendo l'eliocentrismo sempre come una supposizione e non come una certezza assoluta.
«Dico che mi pare che vostra persona et il Sig.r Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. [...]
Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 3° cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allora bisognerà andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l'intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non credo che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata»
Roberto Bellarmino, 12 aprile 1615Anche sant'Agostino, nella sua Epistola 143, suggeriva che qualora le nostre osservazioni del mondo ci avessero portato a concludere che la Scrittura affermava delle falsità, sbagliavamo noi ad interpretare la Scrittura.
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«Se d'altro canto, a una ragione evidentissima e sicura si cercasse di contrapporre l'autorità delle Sacre Scritture, chi fa questo non comprende e oppone alla verità non il senso genuino delle Scritture, che non è riuscito a penetrare, ma il proprio pensiero, vale a dire non ciò che trovò nelle scritture, ma ciò che trovò in sé stesso, come se fosse in esse»
Agostino, Epistola 143, 7Tuttavia, Galileo Galilei, nonostante il decreto disciplinare che gli ingiungeva di rinunciare a promulgare la dottrina eliocentrica come verità certa, nel 1632 pubbligò il Dialogo sui massimi sistemi, che aprì una ferita nel suo rapporto con il Papa Urbano VIII, che venne appellato da Galilei come un «sempliciotto» difensore del geocentrismo.
In quest'opera, Galilei propose l'eliocentrismo come sistema nettamente superiore al vecchio geocentrismo tolemaico, che di fatto nessuno adoperava già più.
Il sistema più diffuso per i calcoli era quello di Tycho Brahe (1588), che vedeva i pianeti in orbita attorno al sole e il sole, con i pianeti in orbita attorno ad esso, a loro volta orbitanti attorno alla terra fissa.
Questo modello permetteva di fare calcoli più accurati dell'eliocentrismo copernicano usato da Galilei, che mancava di un fattore chiave: le orbite ellittiche. Federico Cesi suggerì a Galilei di implementarle nel suo sistema per far tornare i conti, ma quest'ultimo si rifiutava strenuamente.
Per poter dimostrare che la Terra è in movimento, Galileo aveva bisogno di dimostrare il fenomeno del parallasse stellare, per il quale le stelle più vicine dovevano apparire in un movimento più rapido di quelle più lontane, che dovevano apparire più lente.
Il suo amico Benedetto Castelli gli fornì una soluzione per superare quest'impasse: trovare due stelle ravvicinate, ma con grande differenza di luminosità, indice della grande differenza di distanza dalla Terra, osservarle e così dimostrare il parallasse stellare.
Galilei trovò queste due stelle, peccato però che si trattava di due stelle gemelle equidistanti dalla Terra nel sistema stellare di Mizar (Mizar A e Mizar B), nella costellazione dell'Orsa Maggiore, e perciò con quest'osservazione - di fatto - falsificò la sua teoria. Tuttavia, Galilei tacque questa scoperta.
Galilei, di fatto, aveva infranto l'ingiunzione di non divulgare il suo sistema, e lo aveva fatto dando del «sempliciotto» al Papa.
A questo punto, finì nelle mani dei suoi oppositori, fino a che nel 1633 fu costretto ad abiurare le sue tesi e il copernicanesimo venne definito contrario alle cognizioni filosofico-scientifiche dell'epoca e contrario alla Sacra Scrittura, ovvero contrario all'interpretazione che allora se ne faceva.
Galileo venne definito dai giudici «veementemente sospetto di eresia». Nota bene: non fu accusato di eresia!
Tanto è vero che la ricerca sull'eliocentrismo proseguì, fino a che nel 1744 l'anglicano James Bradley produsse delle evidenze ragionevoli dall'osservazione delle stelle in favore dell'eliocentrismo.
La Chiesa, a questo punto, ripubblicò il Dialogo sui massimi sistemi di Galileo Galilei e nel 1757 tolse dall'indice dei libri proibiti il testo di Copernico.
A metà del 18° secolo, papa Benedetto 14° finanziò gli esperimenti del gesuita Boscovich sulla scia delle intuizioni di Galilei, e nel 1758 l'abate Guglielmini effettuò il famoso esperimento della torre per mettere in luce la rotazione della Terra intorno al suo asse.
Ma per provare in modo sperimentale il moto di rivoluzione intorno al Sole della Terra bisognerà aspettare il 19° secolo, con le misurazioni del parallasse stellare da parte di due astronomi, Giuseppe Calandrelli nel 1806 con la misurazione del parallasse di Vega e Friedrich Bessel nel 1838 con la misurazione del parallasse di 61 Cygni.
Per la dimostrazione del moto di rotazione sull'asse terrestre, invece, bisognerà aspettare il 1851 con il famoso esperimento del pendolo di Focault nel Pantheon di Parigi.
Il Galilei fu mandato a trascorrere l'ultima parte della sua vita in ritiro in una residenza ad Arcetri, con tanto di servitù, non lontano dal convento dove risiedeva sua figlia Suor Maria Celeste. Non lo uccise l’Inquisizione, né nessun altro. Non fu condannato a morte, ma morì di morte naturale. L’unico processo nel quale fu condannato, nel 1633, previde gli arresti domiciliari, e lui non andò mai in carcere.