La bioetica è quella scienza che si occupa di applicare la riflessione etica (gr. ethos) alle questioni mediche e biologiche legate alla vita (gr. bios).
Prima di addentrarci in alcune delle tematiche bioetiche ad oggi più importanti, è fondamentale capire cosa intendiamo quando parliamo di «vita».
Domandiamoci, allora:
Una possibile definizione di vita potrebbe essere:
A questa definizione può sottostare, ad esempio, l'albero, il quale nasce dall'unione del seme con la terra, cresce grazie al nutrimento apportato dall'acqua e dalla luce del sole, e muore dopo aver compiuto il suo processo vitale.
Sembrerebbe, tuttavia, che a questa definizione possa sottostare anche la Terra. Anch'essa, infatti, è nata dall'agglomerazione della materia attorno ad un centro di attrazione gravitazionale, si è evoluta formando una crosta attorno al nucleo, dando vita prima alla Pangea e poi ai continenti come li conosciamo oggi. Arriverà, poi, anche un momento in cui essa dovrà morire.
Ma perché risulta quantomeno strambo dire che la Terra sia viva?
Anche le formazioni calcaree nel sottosuolo vengono definite, da alcuni geologi, come "vive". Se hai mai visitato una grotta, saprai infatti che è molto importante evitare di toccare le rocce con le mani, poiché essendo in qualche modo "vive" (o così sembrerebbe), lo strato di grasso che lasceresti con il tuo tocco ne inibirebbe crescite future.
Ad ogni modo, anche le stalattiti e le stalagmiti nascono dall'accumulo di calcare apportato dall'umidità, grazie al quale crescono diventando a volte anche una cosiddetta colonna.
Ma perché quando un geologo rompe una stalattite per studiarla, non diciamo che ha «ucciso» una stalattite, ma che l'ha semplicemente rotta? Eppure sembrerebbe che anche le stalattiti "vivano" un processo di crescita.
Ad oggi, la questione della definizione di cosa sia la «vita» è ancora aperta, e tutte le definizioni risultano in qualche modo parziali. Sembrerebbe che la vita abbia più di una "dimensione", e che ciascuna di esse sottostia ad una propria "definizione".
La domanda da cui parte la riflessione filosofica riguardo la vita è: «A cosa serve?». La domanda è di tipo finalistico: riguarda il fine della vita.
Aristotele dirà allora che la vita è definibile a partire dall'anima. Ricordi quando abbiamo parlato dei vari gradi della vita? Ecco: per Aristotele la vita è definita dal suo fine, per cui se per i gradi vegetale e animale il fine è sopravvivere, all'uomo la sopravvivenza non basta e deve "andare oltre". La definizione della vita è dunque diversificata in base all'anima dell'essere vivente che si prende in analisi. Rispetto all'uomo, Aristotele identifica il suo fine in Dio.
La soluzione ad oggi più accreditata nel campo scientifico è quella per cui è definibile «vivo» tutto ciò che ha un proprio DNA.
Non tiene in considerazione la complessità dell'essere umano nella sua dimensione di apertura al Trascendente
Permette di ottenere un criterio empirico e verificabile
Dal punto di vista della fede cristiana, la vita è osservata da un punto di vista che si spinge più in profondità della biologia: per il cristianesimo è «vivo» tutto ciò che è in relazione con Dio, considerato il Vivente (con la «V» maiuscola).
La «vita» assume dunque una dimensione relazionale che va oltre la biologia scientifica ed il fine filosofico, per cui è vivo ciò che è in relazione con Dio. Da ciò deriva la definizione di «morte» associata al «peccato» (es. "peccato mortale"), che è ciò che allontana l'uomo da Dio.
Confrontare la prospettiva della fede cristiana e i risultati della scienza come letture distinte ma non conflittuali dell’uomo e del mondo e saper esporre le principali motivazioni che sostengono le scelte etiche dei cattolici rispetto alle relazioni affettive e al valore della vita dal suo inizio al suo termine, in un contesto di pluralismo culturale e religioso.
Lo studente coglie le implicazioni etiche della fede cristiana e le rende oggetto di riflessione in vista di scelte di vita progettuali e responsabili.
Fonte: Indicazioni Nazionali336-345
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